La profondità massima che un nuotatore può raggiungere è di circa 200 metri: al di sotto, sarebbe schiacciato dalla pressione dell’acqua. Per esplorare i fondali marini sono necessari sottomarini appositamente attrezzati per le grandi profondità, i “batiscafi”. I migliori sottomarini di questo tipo sono stati costruiti dagli svizzeri Anguste e Jacqucs Piccard.
Durante gli Anni Trenta gli scienziati si calarono negli abissi marini dentro una “batisfera”, una robusta sfera di acciaio appesa a un cavo, i cui piccoli oblò consentono ai passeggeri di osservare la zona all’intorno; ma le batisfere sono pericolose (se il cavo si rompe, sono perdute) e poco manovrabili.
I due Piccard, il padre, Auguste (1884-1962) e il figlio, Jacques, idearono un congegno che chiamarono “batiscafo” e che fa pensare a un dirigibile sottomarino.
Allo scafo vero e proprio è appesa una sfera, la camera d’osservazione, in cui trova posto l’equipaggio.
I Piccard realizzarono il loro primo batiscafo nel 1948. Per immergersi, riempivano i serbatoi d’acqua; per emergere, sganciavano la zavorra.
Nel 1960 il Trieste, un tipo molto perfezionato di batiscafo, scese a una profondità di quasi 11 000 metri nella Fossa delle Marianne, nell’Oceano Pacifico. A bordo del Trieste, oltre a Jacques Piccard, c’era Don Walsh, un ufficiale della marina americana.
A simili profondità non c’è luce, ma il batiscafo era dotato di potenti riflettori, grazie ai quali le sue telecamere poterono riprendere le strane creature che vivono negli abissi.
In certi casi sono molto utili dei piccoli sommergibili, per esempio per collocare sul fondo cavi e condutture.
Un giorno gli uomini potranno vivere anche per lunghi periodi in basi sottomarine, coltivando le alghe commestibili e prelevando i minerali di cui è ricco il fondale oceanico.
