Il caldo rutilante liquido che pulsa nelle arterie e che sgorga dalle ferite — il sangue — fu sempre considerato l’elemento vivificatore omogeneo, dotato di misteriose capacità e caratteristiche.
Quando il microscopio cominciò ad allargare il nostro mondo visibile, mostrandoci l’intima struttura di corpi apparentemente compatti, ci si accorse che il sangue era anch’esso scomponibile in una parte liquida, il plasma, e in una solida, costituita da miliardi di corpuscoli tondeggianti, i globuli rossi o eritrociti e i globuli bianchi o leucociti.
Il fatto, anche senza microscopio, è facilmente constatabile: se mettiamo un po’ di sangue fresco in una provetta e lo sottoponiamo a una forte centrifugazione, vediamo separarsi la parte corpuscolata, che si deposita sul fondo del recipiente come un sedimento rosso, dal plasma, che è un liquido quasi incolore.
Stendiamo ora un sottilissimo velo di sangue su un vetrino, dissecchiamolo e coloriamolo, sottoponendo poi il preparato all’obiettivo di un buon microscopio. Ecco i globuli rossi, in numero enorme: appaiono come dischetti giallognoli, raggruppati come pile di monete o sparsi.
Fra di essi, molto più rari, i globuli bianchi, che hanno l’aspetto e la grandezza di vere cellule, col nucleo e il citoplasma colorati diversamente: anzi, la diversa forma e colorazione ci permette di distinguere diverse specie di leucociti (granulociti, linfociti, monociti).
In fine, ancora più rari, gruppetti di granuli amorfi, detti piastrine o trombociti. Ognuno di questi tipi di cellule ha, naturalmente, una funzione specifica.

Gli eritrociti, che sono anch’essi cellule, benché privi di nucleo, hanno essenzialmente la funzione di trasportatori d’ossigeno: il pigmento rosso che essi contengono, l’emoglobina, si combina con l’ossigeno trasformandosi in ossiemoglobina e lo trasporta dai polmoni alle zone d’impiego.
I leucociti hanno un compito difensivo: elaborano sostanze destinate ad opporsi ai germi che possono penetrare nell’organismo ed accorrono in folla contro gli intrusi, inglobandoli e di struggendoli. Il pus, che si forma attorno alle ferite infette, altro non è che un ammasso di leucociti, spinti lì dalla necessità di bloccare i germi al punto d’ingresso.
Le piastrine hanno a loro volta una funzione di estrema importanza: quella di permettere la coagulazione del sangue quando questo fuoriesca attraverso una ferita.
Ed ora, un po’ di dati: gli eritrociti sono circa cinque milioni per millimetro cubico (un po’ meno nel sesso femminile) e hanno un diametro di 7 micron (micron = millesimo di millimetro).
I leucociti sono un po’ più grandi degli eritrociti e si trovano nel sangue alla concentrazione di 4000-7000 per millimetro cubico: il loro numero aumenta durante i processi infettivi.
Le piastrine hanno un diametro di circa 2 micron e variano fra 250.000 e 500.000 per millimetro cubico.
Il sangue «in toto » ha una massa corrispondente alla dodicesima parte della massa corporea: in un uomo adulto raggiunge i cinque litri. Il plasma è costituito di acqua (92 %) in cui sono disciolti sali, sostanze diverse (alcune delle quali, come quelle nutritive, vengono periodicamente introdotte da l’esterno) e proteine, fra le quali importantissimo il fibrinogeno.
Quando un vaso viene reciso, il deflusso di sangue cessa in pochi minuti perché il fibrinogeno, sotto l’azione di un enzima detto trombina, nella cui elaborazione le piastrine giocano un ruolo importante, si trasforma in filamenti solidi di fibrina, che bloccano la ferita come un tampone: se questo non avvenisse, come accade negli’individui affetti da emofilia, si arriverebbe in breve tempo alla morte per dissanguamento.

Sia il plasma che i corpuscoli si rinnovano in continuazione: un meccanismo preciso, in cui anche il senso di sete ha la sua parte, permette di restaurare in breve le perdite e di mantenere stabile la massa sanguigna. I globuli rossi vengono prodotti perennemente nel midollo osseo e distrutti nella milza: il loro ciclo di vita è di circa un mese.
I leucociti originano anch’essi nel midollo (alcuni di essi nascono nelle linfoghiandole), vivono meno di un giorno e vengono distrutti in quel cimitero di cellule che è la milza. Quest’ultima è anche un notevole serbatoio di sangue: in condizioni di emergenza (per esempio durante uno sforzo) essa si contrae e spreme in circolo il sangue raccolto nelle sue lacune.
Per questo, a volte, avvertiamo una fitta dolorosa in corrispondenza della milza, sollecitata a contrarsi da un prolungato esercizio fisico.
L’emopoiesi:
cioè il meccanismo che provvede alla sostituzione delle cellule sanguigne, può essere turbata nel corso di certe malattie: nelle anemie i globuli rossi si riducono a un numero esiguo, nelle policitemie aumentano fino al doppio (questo accade, per esempio, a individui che vivano in alta montagna, dove l’ossigeno è più scarso); nelle leucemie, veri e propri tumori del sangue, i leucociti aumentano a dismisura, come se le cellule che li producono fossero impazzite.

Un ultimo cenno, prima di terminare, ai gruppi sanguigni, la cui conoscenza ha permesso di mettere a punto la tecnica delle trasfusioni di sangue.
Nel plasma esistono speciali sostanze, capaci di « agglutinare » gli eritrociti,con formazione di masserelle solide che possono ostruire i vasi: orbene, si è visto che tutto il genere umano può essere suddiviso in quattro gruppi (A, B, AB, O) in base alla presenza o meno di queste sostanze.
Prima di praticare la trasfusione (che consiste, com’è noto, nell’iniettare in vena a un ammalato il sangue di un altro individuo) si esamina il gruppo sia del ricevente che del donatore: la trasfusione si effettua solo nel caso che fra i due gruppi non ci sia incompatibilità, cioè che non sia possibile l’agglutinazione degli eritrociti (agglutinazione che potrebbe provocare la morte).
Fino a qualche anno fa,la trasfusione avveniva iniettando direttamente il sangue appena estratto dal donatore nella vena del malato: oggi,dopo che si è trovato il metodo per conservare indefinita.mente sangue intero o plasma in speciali ampolle ermetiche, esistono presso quasi tutti gli ospedali le cosiddette « emoteche », vere e proprie « banche del sangue » a cui si attinge nei momenti di necessità. Abbiamo detto « sangue intero o plasma » : infatti, il principale scopo della trasfusione, almeno nei casi più comuni, è quello di con servare al giusto livello la massa sanguigna, depauperata per gravi emorragie o comunque per perdite di liquido; in questo caso, la trasfusione di plasma vale quanto quella di sangue.
Il sangue è realmente l’elemento base della nostra vita: veicolo di ossigeno e di sostanze nutritizie, sede di processi di difesa, di composizione soggetta a variare continuamente eppure sempre pressoché identica perché mantenuta stabile da un delicatissimo meccanismo fisico chimico.
Ad esempio, un aumento minimo del tasso di anidride carbonica nel sangue è prontamente registrato da speciali « chemocettori » siti alla biforcazione della carotide e provoca un’immediata accelerazione del respiro e un aumento della frequenza cardiaca. Gli antichi, quindi, attribuendo al sangue straordinarie proprietà magiche, non sbagliavano di molto, anzi, forse rimanevano al di sotto del vero.
APPROFONDIMENTI: CHI HA SCOPERTO LA CIRCOLAZIONE SANGUIGNA?
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